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Giappone: chiudere i reattori in sarcofagi di cemento

Camilla Biagini

Giappone: chiudere i reattori in sarcofagi di cemento

La situazione della centrale nucleare giapponese di Fukushima peggiora ora dopo ora. Dall’edificio 2 della centrale nucleare continua incessantemente a fuoriuscire un denso fumo bianco e ancora non si riesce a trovare un modo efficace per raffreddare i reattori. Sembra inoltre che il nocciolo dei reattori 1, 2 e 3 sia ormai scoperto e parzialmente fuso. Anche se ancora non si conosce l’entità dei danni subiti e soprattutto non si conosce la pericolosità dell’aria che i giapponesi stanno respirando in questo momento è ovvio che la situazione è di grave pericolo tanto che l’Agenzia dell’Onu per l’Energia Nucleare ha alzato il livello di allarme da 4 a 5.

Dopo i tentavi fallimentari che sono stati condotti i giorni scorsi per raffreddare il reattore sembra che l’unica soluzione realmente percorribile adesso sia quella di chiudere i reattori all’interno di veri e propri sarcofagi di cemento che verrebbero poi sotterrati. Questa fu l’unica soluzione possibile anche ai tempi della tragedia di Cernobyl avvenuta nel 1986.

Nel frattempo tutti gli altri paesi del mondo stanno iniziano a prendere le dovute precauzioni. La radioattività nell’aria viene misurata costantemente con una cadenza giornaliera e i bagagli delle persone che arrivano in questi paesi vengono controllati uno ad uno. Per adesso sembra che la radioattività presente sui bagagli e sui vestiti sia davvero molto bassa, talmente tanto bassa da non dover essere in alcun modo considerata pericolosa. Una maggiore attenzione deve invece necessariamente essere prestata per quanto riguarda i generi alimentari importati dal Giappone.

L’unione Europea ha messo in allarme tutti i paesi affinchè vengano effettuati controlli su tutti gli alimenti provenienti dal Giappone con data successiva all’11 marzo 2011. Dovranno quindi essere effettuati dei controlli a stock su questi alimenti che in caso di mancanza di radioattività potranno essere inseriti tranquillamente sul mercato. In caso contrario la distribuzione dei prodotti dovrà essere bloccata e si dovrà subito provvedere a chiamare Bruxelles.

L’Italia non può considerarsi da questo punto di vista come un paese a rischio perchè importa dal Giappone solo una quantità minima di prodotti che sono circa lo 0,1% rispetto ai prodotti importati da tutto il resto del mondo. Anche i ristoranti giapponesi presenti sul nostro territorio usano soprattutto pesce locale. È ovvio però che le precauzioni devono essere prese anche se si tratta di un numero limitato di alimenti. Ovviamente le stesse tipologie di precauzioni sugli alimenti sono state messe in atto non solo in Europa ma anche in tutti gli altri paesi del mondo.